Il giardino Alzheimer

 

a cura di S. M. Vizio

 

Ammalarsi di Alzheimer

Spazi di vita come strumenti terapeutici

L’ortoterapia

Il "Giardino Alzheimer"

La musica nel giardino Alzheimer

La creatività nel giardino Alzheimer

Il giardino “Forget Me Not Garden”

Il primo “Giardino Alzheimer” della città di Roma

Fonti

Ammalarsi di Alzheimer

Ammalarsi di Alzheimer vuol dire perdere progressivamente le proprie capacità cognitive: percezione, linguaggio, intelligenza, pensiero. Significa cioè perdere, irrimediabilmente, la possibilità di comunicare e di badare a sé stessi.

Questa condizione porta alla necessità di dover affidare totalmente agli altri la propria esistenza, ma anche questa é una scelta impossibile, a senso unico. Una scelta che questo tipo di patologia impedisce di fare, perché le persone con Alzheimer, o comunque affette da demenza, non sono in grado di scegliere niente: non scelgono le persone a cui affidarsi, né quelle con cui vivere e relazionarsi, non scelgono i loro spazi né i loro tempi e ritmi di vita.

Forse, per renderci più attenti alle persone che vivono questa dimensione del corpo e della mente, basterebbe soltanto conoscere cosa vuol dire “ demenza” e pensare che questa eventualità potrebbe segnare, più o meno direttamente, la nostra esistenza. Questa consapevolezza é la premessa indispensabile per sviluppare e alimentare non soltanto una rete informale di aiuto, ma per garantire una costante azione di tutela collettiva, per non lasciare a sé stesse queste persone e le loro famiglie.

La condizione delle persone con Alzheimer, ossia la qualità della loro esistenza e di tutto quanto concorre a garantirla nelle diverse fasi della malattia, è una cartina di tornasole che esprime il livello di civiltà di una comunità e di un intero Paese.

In Italia siamo solo all’inizio del percorso che sembra far tesoro dell’eccellenza delle esperienze sviluppate e  consolidate, ormai da qualche decennio, in alcuni paesi occidentali, come la Gran Bretagna, la Svizzera, la Francia, la Germania, il Canada, gli Stati Uniti.

Il nostro ritardo può essere colmato in tempi brevi, ripercorrendole e mettendole a confronto, ma, per evitare di ripeterne gli errori iniziali e per trovare soluzioni originali, in armonia con l’ambiente e le nostre radici culturali.


Spazi di vita come strumenti terapeutici

 

E’ ormai riconosciuto come l’ambiente di vita dei malati di Alzheimer (e di altri tipi di demenza), debba essere rimodellato sulle loro esigenze; infatti, l’azione di cura e di tutela chiama in causa non soltanto le persone, ma anche gli spazi edilizi e urbani.

La progettazione dell’ambiente (non solo quello protetto e specifico), quindi, è parte integrante dell’approccio globale alla cura e assistenza delle persone con Alzheimer, ed è sulla coerenza a questo punto che ruota la qualità della vita di questi pazienti.

La qualità funzionale ed estetica degli spazi ad hoc, sia chiusi che aperti, ha un ruolo determinante, non soltanto perché supporta lo sviluppo dei programmi terapeutici, ma perché richiama costantemente il valore e l’inviolabilità di ogni persona, riconoscendo la sua dignità insieme con chi se ne prende cura. Un aspetto, quest’ultimo, da non trascurare, perché lavorare in ambienti funzionali, confortevoli e ricchi di valenze anche estetiche, contribuisce a non sperperare energie psico-fisiche e a mantenere la propria motivazione, e, di conseguenza, aiuta e rassicura i pazienti e loro familiari.

La progettazione degli spazi deve tenere presente che la percezione spaziale del malato di Alzheimer si trasforma progressivamente nel tempo; alcune persone allo stato iniziale della malattia parlano di “sgretolamento” delle forme e dei colori dell’ambiente di vita. Persino i riflessi di un pavimento lucido, i rumori consueti di casa, le troppe porte di un corridoio, le ombre del proprio “amato giardino” scatenano reazioni (le cosiddette reazioni catastrofiche), e comportamenti impensati, imprevedibili.

E’, perciò, importante che la progettazione o riprogettazione degli spazi contribuisca a ridurre e contenere queste fonti di stress, a compensare la difficoltà ad orientarsi nel tempo e nello spazio, a rallentare l’inevitabile declino delle capacità cognitive e funzionali, a ridurre l’uso dei farmaci, a stimolare le abilità residue, superando la visione che fino a poco tempo fa ha giustificato la contenzione fisica.


L’ortoterapia

 

“Ortoterapia” è la traduzione di “horticultural therapy”, cugina di quella ben più famosa “pet therapy”, basata sull’utilizzo dei piccoli animali domestici. L’ortoterapia nasce negli Stati Uniti,  dove già da dieci - quindici anni è studiata e praticata; è diffusa anche in Canada, in Australia e recentemente ha messo piede in Giappone. In Europa, si trova in Germania e in Inghilterra.

Di cosa si tratta lo spiega la stessa etimologia, ma occorre prestare attenzione a non confondere l'ortoterapia con una qualsiasi pratica finalizzata al raggiungimento di un generico benessere.

L'Horticultural Therapy si applica a determinate categorie di disabilità o di disagio psichico, fisico, sociale, (handicap fisici e psichici, malattie invalidanti, anzianità, tossicodipendenze, reclusione, eccetera), per le quali la pratica del giardinaggio o la semplice visione di un paesaggio hanno sortito effetti benefici, osservabili clinicamente e capaci di ridurre una forte situazione di difficoltà o di limitazione psico-fisica.

Prendersi cura di organismi vivi, da soli o in gruppo, stimola il senso di responsabilità e la socializzazione; combatte efficacemente il senso di isolamento e di inutilità in persone con handicap fisici molto gravi o negli anziani soli; a livello fisico sollecita l'attività motoria, migliora il tono generale dell'organismo e contribuisce ad attenuare stress e ansia.

Molti studi hanno poi dimostrato che poter godere della vista di un paesaggio verde aiuta a sopportare meglio il dolore, la depressione, e addirittura stimola la ripresa dell'organismo in fase di convalescenza.

Nei Paesi dove l'ortoterapia si è ormai guadagnata il crisma della scientificità, la progettazione di paesaggi, giardini e aree verdi secondo i suoi criteri, realizzata con la collaborazione tra architetti del paesaggio e ortoterapisti, è già una realtà. Dimensioni e orientamento del parco, presenza o meno di ostacoli, scelta delle piante più adatte, scelta degli strumenti di giardinaggio adeguati, costruzione di rampe per sedie a rotelle sono i compiti che spettano ai progettisti in vista dell'utilizzazione dell'area a fini terapeutici. I gardens nascono presso case private, scuole, ospizi, carceri, ospedali, centri educativi per giovani a rischio, ospedali psichiatrici, case famiglia, ma anche presso l'orto botanico cittadino o la società di orticoltura locale.

In Italia la strada è ancora tutta da percorrere: non esiste ancora un parco progettato ex novo secondo i criteri dell'ortoterapia (quello che c'è è stato realizzato utilizzando parchi e aree verdi preesistenti), e i diversi giardini Alzheimer, che, fortunatamente, stanno prendendo piede, sono, di solito, all’interno di case di cura e strutture residenziali. Tuttavia qualcosa inizia a muoversi (è curioso pensare a un tale ritardo, se pensiamo che il nostro Paese è stato il primo a progettare il paesaggio, tra il '400 e il '500).


Il "Giardino Alzheimer"

 

Le strutture per anziani dovrebbero proporsi come luogo di vita, in cui realizzare un progetto assistenziale, e in grado di dare all’ospite e ai suoi familiari l'opportunità di godere ancora in libertà di spazi aperti, dove il movimento è senza limiti e pericoli, e dove è possibile ripristinare un contatto con la natura e i suoi bioritmi.

Il Giardino Alzheimer nasce con le seguenti finalità terapeutiche:

 Lo spazio verde si configura come uno spazio dei sensi, (il tatto, l’olfatto, la vista), e uno spazio connettivo. Il primo è caratterizzato da piccole zone con spazi dedicati a specifiche essenze: aree colorate (piante selezionate in modo da garantire una corretta distribuzione cromatica) e aree aromatiche (piante che emettono profumazione intense al solo sfregamento delle foglie). Lo spazio connettivo è dato dal manto erboso e dagli elementi arborei.

 Il malato d'Alzheimer ha bisogno di un ambiente sicuro e di una stimolazione mentale e fisica appropriata, per cui il progetto per il giardino prevede il rispetto di alcune componenti:

I vialetti vanno pavimentati con colori adatti, tenui, con caratteristiche antisdruccciolo e antiriflesso, e dotati di corrimani di sicurezza, in modo da consentire una deambulazione sicura ed un benessere visivo. Il contrasto cromatico con la vegetazione deve rendere facilmente individuabile gli spazi di percorrenza, e l’assenza di dislivelli ed ostacoli tra percorso e manto erboso consente un cammino in sicurezza, anche nel caso in cui il malato abbandoni il tracciato.

Per favorire attività di giardinaggio, o di manipolazione di piante, fiori, ortaggi, si possono realizzare aiuole/orti sopraelevati (per esempio, con altezza di 90 cm) per rendere agibile l’attività senza doversi piegare.

Il concetto di base del giardino Alzheimer è che esso deve rappresentare un percorso guidato, all'interno del quale le persone affette da Alzheimer possono muoversi liberamente, senza pericoli, in vialetti pavimentati oppure in spazi verdi, senza alcun tipo di ostacolo, e caratterizzato da un buon numero di panchine e corrimani. La guida ideale è rappresentata dalla natura: chi lo frequenta e vi sosta entra, infatti, in contatto con i diversi colori e aromi delle varie specie di piante presenti.

Facilità d’orientamento, sicurezza, libertà di movimento, privacy e serenità, stimolazione sensoriale, sperimentazione terapeutica, sono i principi fondatori di un progetto valido.


La musica nel giardino Alzheimer

 

Il Giardino Alzheimer è un ambiente naturale, completo dei suoni tipici della natura.

E’ bene che la musica sia presente non come sottofondo (per esempio tramite filodiffusione programmata), ma come momento d’interesse e d’intrattenimento, eseguita da qualcuno sempre in una determinata parte del giardino e in un certo momento della giornata.

La musica è il linguaggio universale che agisce direttamente sull’inconscio, e ci trasmette sensazioni, suscita ricordi, aiuta ad ascoltare noi stessi ed allo stesso tempo ci relaziona con l’ambiente esterno: tutto il nostro corpo vibra e partecipa all’ascolto musicale.

“Udire” è passivo, “ascoltare” implica attenzione, è un’elaborazione psicologica che stimola il livello cerebrale cognitivo e gnosico. La musica ha un grande potenziale psicosomatico, che può aiutare il malato a rallentare il graduale fenomeno di estraniazione ed interiorizzazione.


La creatività nel giardino Alzheimer

 

Il Giardino Alzheimer potrebbe anche essere il luogo della creatività, ed essere attrezzato per svolgere alcune attività. In questo senso, può essere scandito da spazi pieni, (destinati ad esperienze specifiche e alle attività che, nei mesi estivi, potranno trasferirsi all'esterno della struttura), alternati a spazi vuoti, (i percorsi per la deambulazione e il tessuto connettivo). Le aree di sosta e gli spazi pieni si configurano come “mete” da raggiungere.


Il giardino “Forget Me Not Garden”

 

Annie Pollock, architetto paesaggista dello studio Arterre di Edimburgo, ha realizzato il giardino Forget Me Not Garden, uno spazio all’aperto per i malati di Alzheimer presentato allo Scottish National Garden Show.

Questo “Giardino della memoria” è stato progettato e realizzato in collaborazione con l’associazione Alzheimer Scotland - Action on Dementia.

L’unione di competenze progettuali, paesaggistiche e mediche ha dato vita ad uno spazio esteticamente gradevole, in grado di avere un vero e proprio valore terapeutico: gli ammalati riescono ad avere un contatto momentaneo con la realtà e a migliorare la qualità della vita.

La “garden therapy” offre la possibilità di unire manualità e creatività in uno spazio all’aperto, ma protetto rispetto al mondo esterno che a questi ammalati spesso appare come un ambiente totalmente ostile.

Lo spazio è progettato in modo da favorire anche chi ha una ridotta mobilità, grazie a sentieri larghi (adatti anche a sedie a rotelle) senza curve difficoltose o angoli poco praticabili. Tutto il giardino è visibile da qualsiasi punto, in modo che non si creino situazioni di disorientamento.

Lungo i percorsi si trovano panche solide, un orto, un barbecue e una casetta per uccelli così che i pazienti siano stimolati a compiere attività pratiche.

Poiché l’odorato è l’ultimo senso a svanire, si presta una particolare attenzione alla scelta di fioriture, la cui fragranza persistente può aiutare la memoria a ricostruire un contatto con il proprio vissuto. E’ fondamentale che questo “Giardino della memoria” riconduca nella scelta delle piante, dei fiori e degli arredi ad un ambiente familiare ai pazienti, per cui si scelgono fiori usati quaranta o cinquanta anni fa, così come panche e steccati ormai desueti ma tipici di quel periodo.

In questo modo si stimola la memoria del passato, che riesce a permanere molto più a lungo di quella a breve termine, e si creano punti di riferimento interiori, in persone come queste, in cui il senso del tempo e della realtà svaniscono irrimediabilmente.


Il primo “Giardino Alzheimer” della città di Roma

 

Nell’aprile 2004, a  Roma, è stato inaugurato il primo Giardino sensoriale Alzheimer, presso il complesso di Casal Boccone, dove è attivo il Centro Diurno Alzheimer.

Il giardino “La Pineta Argentata” ha finalità di stimolazione sensoriale (udito, vista, tatto, ecc…) allo scopo di contrastare il declino cognitivo e potenziare le capacità del paziente. Ha inoltre come finalità terapeutica la riduzione dei disturbi comportamentali, del disorientamento temporale, di quelle che sono scientificamente chiamate “reazioni catastrofiche” e del “wandering”, ovvero il girovagare senza meta.

Il progetto si ispira a criteri rigorosamente scientifici e prevede lo sviluppo di un percorso, inteso come una passeggiata continua, privo di bivi e incroci, possibili cause di smarrimento. Sono presenti cambi di direzione tendenzialmente sinuosi, e rettilinei in brevi tratti. Non sono presenti barriere, elementi a sorpresa, gradini lungo il percorso, superfici sdrucciolevoli, improvvise modificazioni di paesaggio, contrasti violenti di luce-ombra.

Si è data grande importanza alla vegetazione, composta da diversi tipi arborei come il Ginko Biloba, l’Albizia, il Salice piangente, la Mimosa o la Sughera.

L’udito viene stimolato dal rumore delle foglie, ma anche dal rumore dell’acqua che scaturisce da una fontana in muratura, dal canto degli uccelli che trovano cibo in alcune casette in legno infisse su bambù, dal rumore dei passi su un ponticello in legno.

Il tatto è stimolato da essenze arboree come la sughera, ma anche da un sistema di vasi, dove l’operatore può inserire della ghiaia o altri oggetti ruvidi o lisci, di diverse dimensioni, cosi che il malato possa toccarli, esaminarli.

L’olfatto è stimolato da essenze odorose, quali rosmarino, salvia, lavanda ecc.

La vista è stimolata da una piantumazione che genera una fioritura varia e scaglionata nel tempo, e dall’inserimento di pietre naturali di diverso colore.

 Nel giardino sono presenti anche sedute caratterizzate da panche a più posti ma anche monopanche, in quanto alcuni malati tentano di difendere un proprio spazio personale che, se non rispettato, può scatenare reazioni aggressive.


Fonti

comune.roma.it/dipsociale

http://www.buoncammino.it/nucleo_alzheimer.htm#

http://www.comune.prato.it/tempi/spazi/alzheim/htm/aalzheu.htm

http://www.domoticamica.it/case_esperienze.htm

http://www.enotime.com/zoom/default_body.aspx?ID=367

http://www.fondazionesansecondo.org/htm/int_dadam.htm

http://www.geriatriaonline.it/esperienze_dettaglio.asp?id=19

http://www.italz.it/DOCS/alzh-fi/alzh_6d.htm

http://www.monzaflora.it/html/newsread.php3?id=13

http://www.pamonline.it/articoli/valla.htm