La terapia occupazionale

 

tratto dalla

TESI DI Silvia Maria Vizio:

"LA VALORIZZAZIONE DELLA PERSONA ANZIANA IN CASA DI RIPOSO ATTRAVERSO L'INTERVENTO ANIMATIVO:UNA STRATEGIA COMPLESSA"

 - CORSO DI QUALIFICA ANIMATORE SOCIALE -

ENAIP LOMBARDIA - ANNO 1998


 

Questa tecnica di lavoro, come sostiene la definizione di Spackman, si occupa delle attività umane, e utilizza l'applicazione di normali mansioni di vita, o trattamenti specifici, oppure, ancora, usufruisce di una simulazione di attività lavorativa. Il concetto basilare è che una persona, stimolando l'uso delle mani, che sono governate dalla mente e dalla volontà, riesce ad influire sul proprio stato mentale. Ognuno di noi può normalmente constatare come "lavorare" non significhi necessariamente guadagnarsi da vivere: è nella natura stessa dell'essere umano impiegare il proprio tempo in diverse attività, che coinvolgono i sensi, ma anche la sfera affettiva, sociale e così via.

L'attività in senso terapeutico si rivolge, in particolare, ai deficit sensoriali, percettivo-motori, cognitivi e comportamentali: se applicata nei confronti dell'anziano, si dimostra molto utile, poiché considera la persona nel suo insieme e non si riduce all'applicazione fisica di una terapia. In questo senso, è assai consona al modus operandi dell'educatore - animatore, visto che l'intervento prevede una valutazione generale dell'individuo, delle sue abilità e interessi, al fine di dare un valore alla sua vita e stimolare le sue originali capacità, in modo da mantenerlo nelle sue funzioni umane e sociali.

Quando una persona anziana entra in istituto, spesso compie questo passo non per propria libera decisione, ma per cause di forza maggiore: ciò porta a problemi di ambientamento, traumi e, addirittura, ad un ulteriore aggravamento.
King e Raynes hanno individuato alcuni fattori che, nell'istituzionalizzazione, portano l'anziano a perdere la propria identità:

Da tutto questo, proviene la condizione di disagio che l'anziano è costretto a vivere, con conseguente depressione, solitudine, disistima, eccetera. Le sue problematiche, all'opposto, necessiterebbero di un'assistenza assidua, completa e competente e di una situazione che non sia fonte di ulteriore disagio. Si è notato che, spesso, gli ambienti in cui vivono gli anziani danno scarse stimolazioni sensoriali: a causa di ciò, la persona può attuare una deprivazione volontaria e decidere di respingere ulteriori stimoli.
Cesa Bianchi spiega la deprivazione sensoriale come "condizione in cui un soggetto si trova isolato dalla consueta realtà ambientale per l'assenza o la riduzione degli stimoli esterni", e ne identifica diverse tipologie:

Questi tre aspetti della deprivazione possono essere anche definiti come effetti da ipostimolazione, e sono spesso interdipendenti. Il primo intervento da attuare è correggere il più possibile i deficit sensoriali: per esempio, nel caso di difficoltà visive, si devono informare tutti coloro che entrano in contatto con l'anziano, sulla distanza da tenere per permettergli di vedere persone e oggetti; se la persona è sorda si possono utilizzare immagini o scrivere le parole.

Per chiarire il ruolo della terapia occupazionale nel trattamento dei disagi suddetti, Bianca Petrucci, in una sua trattazione, riporta alcuni esempi di esperienze pratiche effettuate da studiosi inglesi e americani. Nel 1958, Casin applicò, ad un gruppo di dementi senili, attività di terapia occupazionale, sociali e domestiche, con lo scopo di ottenere comportamenti appropriati e di migliorare la qualità di vita. Egli, nel tempo, verificò che diminuì l'aggressività e migliorarono il ritmo sonno-veglia e il comportamento sociale. In Australia, nel 1967, Bower fece un'esperienza simile con 25 donne affette da demenza senile: egli suddivise il trattamento in sedute di quattro ore e mezza giornaliere, per cinque giorni alla settimana e per un periodo di sei mesi. Anche in questo caso, furono notati significativi miglioramenti nei rapporti sociali e nella quotidianità. Loew e Silverstone, nel 1971, stimolarono fisicamente, socialmente e psicologicamente un gruppo di 14 uomini anziani, che sviluppò e mantenne nel tempo l'attenzione e la memoria presente. Infine, Salter e Salter usarono un trattamento più completo delle attività della vita quotidiana, tramite attività creative, ricreative e di orientamento alla realtà per circa quattro mesi, ottenendo numerose e specifiche trasformazioni positive: migliorarono l'attenzione, la memoria presente e la capacità di riconoscimento di alcuni oggetti della vita quotidiana, tanto da riacquisire una certa autosufficienza.

Nella pratica, la terapia occupazionale è attuata secondo lo schema seguente:

1) E' indispensabile una valutazione iniziale dello stato della persona anziana, tramite, (per esempio, la scala Mini Mental State), allo scopo di selezionare alcuni gruppi di lavoro e determinare le modalità e i fini specifici dell'intervento. A una valutazione dello stato mentale, va aggiunta una considerazione sulla vita sociale dell'ospite e la misurazione delle sue capacità residue di autosufficienza. Naturalmente, non si può prescindere dall'effettuare il profilo degli interessi personali e delle esperienze passate.

2) La realizzazione della terapia occupazionale si esplica, poi, nella realizzazione delle motivazioni seguenti: fare in modo che l'anziano non consideri terminata la propria esistenza e desideri essere coinvolto.

3) Ciò si realizza tramite la mobilizzazione, in modo che l'ospite recuperi una certa autonomia, rinforzando le capacità fisiche residue.

Occorre, inoltre, sviluppare l'indipendenza nelle normali attività quotidiane, incoraggiare la socializzazione con gli operatori e gli altri anziani; riorientare alla realtà; migliorare la qualità della vita, creando un ambiente confortevole, sicuro e familiare; mantenere le abilità fisiche e mentali. Queste caratteristiche possono essere facilmente ricondotte ai principi basilari dell'animazione, e denotano, perciò, alcune linee guida tipiche dell'impostazione del lavoro.