La vecchiaia

 

tratto dalla

TESI DI Silvia Maria Vizio:

"LA VALORIZZAZIONE DELLA PERSONA ANZIANA IN CASA DI RIPOSO ATTRAVERSO L'INTERVENTO ANIMATIVO:UNA STRATEGIA COMPLESSA"

 - CORSO DI QUALIFICA ANIMATORE SOCIALE -

ENAIP LOMBARDIA - ANNO 1998


 

Essere anziani non è poesia: spesso è costrizione, impossibilità a fare.

E’ tristezza, solitudine… La vecchiaia, tuttavia, non è essa stessa una malattia, come invece sostenevano gli antichi (“Senectus ipsa morbus”- terenzio), e come molti continuano a credere.

E’ però vero che negli anziani vi è una somma di effetti, dati dal cumulo di malattie: per citare ancora i latini: “Multa senem circumveniunt incommoda”, vale a dire “Un vecchio è sottoposto a molti acciacchi“ – Cicerone; “Singula de nobis anni praedantur euntes”, cioè “Gli anni che fuggono ci portano via una cosa dopo l’altra” – Orazio.

La migliore dimostrazione che essere anziani non sia sinonimo di essere ammalati, è fornita - da una parte - dall'esempio non rarissimo di soggetti che superano i 100 anni di età, - dall'altra - di individui che, senza arrivare ai 100 anni, hanno conservato a lungo una perfetta integrità fisica e mentale.

Mantenendo costan­temente in esercizio il corpo e la mente, si possono compiere imprese sorprendenti. Sebastiano Caboto organizzò, ultraot­tantenne, una spedizione per la ricerca di paesi sconosciute. In tempi più vicini, Chichester, ultrasettantenne, compì da solo avventurose attraversate oceaniche. Elisabetta I d'Inghilterra, a 70 anni, svolgeva i doveri di Corte, concedendo, sempre in piedi, diverse udienze nel corso della giornata. Si possono anche citare George Sand, che a 72 anni scrisse il romanzo "La tour de Percemont", e Sarah Bernhardt, che a 79 anni recitava con successo. Leone Tolstoj a 71 anni terminò di scrivere "Resurrezione". Robert Koch, lo scienziato che scoprì il batterio della tubercolosi, a 72 anni si recò in Africa per studiare la malattia del sonno. Giuseppe Verdi a 80 anni compose il "Falstaff". Sigmund Freud a 83 anni pubblicò il saggio "Mosé e la religione monoteistica". Andrea Doria a 87 anni assunse il comando della flotta nella guerra di Corsica. Michelangelo Buonarroti a 89 anni lavorò assiduamente alla "Pietà Rondanini". Tiziano Vecellio, grande pittore, lavorò fino ad età inoltrata, morendo all'età di 99 anni. Senza poi riferirsi solo al tempo passato, possiamo ancora ricordare, ai giorni nostri, l’energia e l’intelligenza del Cardinale Ersilio Tonini o la competenza e la capacità comunicativa del grande critico d’arte, il professor Zeri.

Nel parlare comune, queste tre definizioni della cosiddetta “terza (o quarta) età”, possono sembrare sinonimi perfetti: tuttavia, allora, viene da chiedersi perché, nel tempo, la parola “vecchio” non sia mai stata amata da coloro che potrebbero fregiarsi di tale titolo. Eppure, in altri campi del vivere comune, qualcosa di vecchio è spesso anche prezioso: pensiamo agli antichi manoscritti, alle automobili, alle abitazioni, alle opere d’arte… Tutto ciò evoca atmosfere passate, ci può insegnare qualcosa su ciò che non è più, dare spunti per migliorare o arricchire ciò che la società odierna ha saputo creare.

Ma questo non è ciò che potrebbero dare anche i nostri vecchi? Visto che è così valorizzata una creazione umana che abbia alle spalle un certo numero di anni, perché non ritenere immensamente più prezioso il contributo che dà un “vecchio essere umano”, con la sua esperienza, le sue conoscenze, le caratteristiche dell’età avanzata? Iniziare a pensare diversamente anche al significato delle parole, potrebbe essere un primo passo per riflettere su questa condizione dell’uomo.

Esiste, poi, una differenza fondamentale nel definire qualcuno avanti negli anni come “anziano” o come “persona anziana”: nel primo caso si viene a sottolineare la sua situazione anagrafica, nel secondo si vuole mettere al centro l’essere umano.

Molto spesso, specie nel caso di persone costrette al ricovero in Istituto, il fatto di essere uomini o donne con alle spalle una lunga vita piena di esperienze personali, di gioie, di dolori, di affetti, scompare: si diventa “ospite”, si perde la propria libertà di decidere, per esempio, a che ora puntare la sveglia mattutina o scegliere il momento del pranzo. Spesso, purtroppo, si perde addirittura in dignità.

Allora, si può comprendere quanto sia importante pensare ad un anziano, (tanto più se istituzionalizzato), comunque siano le sue condizioni fisiche o mentali, come ad una persona.

L’essere anziani comporta delle caratteristiche abbastanza comuni, che, se non debbono essere la scusa per “ghettizzare” tutti coloro che superano la soglia di una determinata età, individuano e caratterizzano questa epoca della vita, come accade per tutte le età dell’uomo.

Alcuni esempi di tale situazione, che possono rappresentare aspetti sia positivi che negativi, sono i seguenti:

§         La capacità di sopportare i lutti:  

§         La lentezza:

§         La tolleranza:

§         La memoria:

§         La misura del tempo:

§         La contemplazione:

§         La pazienza:

Le conseguenze negative sono spesso confuse con quelle dell'involuzione presenile; in realtà, questi effetti si riscontrano anche in individui perfettamente normali e senza precedenti pa­tologici di rilievo, come malattie importanti, traumi, ecc. Nei vecchi, l'energia e le attività si riducono progressivamente; il campo degli interessi si restringe, diminuiscono me­moria  ed elasticità mentale, le idee nuove sono analizzate con minore vivacità e subentra un certo scetticismo, alcuni tratti di carattere, prima dominati, sfuggono sempre più all'autocontrollo. Accanto a questi aspetti, compaiono tuttavia aspetti positivi: ridu­cendosi le attività, è favorita la sedentarietà e la riflessione. Restringendosi il campo dei nuovi interessi­, è facilitata la sintesi delle acquisizioni precedenti. La pru­denza e l'equilibrio derivati dall'esperienza rappresentano apprezzabili qualità positive.

Gli effetti della senescenza sul corpo e sullo spirito non sono necessariamente paralleli: può accadere che certi individui siano intellettualmente lucidi mentre il loro fisico è gravato dagli acciacchi. All'opposto, si osservano soggetti ancora forti e intellettualmente privi di  efficienza.

Nella metà del secolo scorso, un medico tedesco formulò la seguente teoria, che, nonostante posa sembrare ovvia, apre le porte a considerazioni importanti: l’invecchiamento delle cellule precede l’invecchiamento dei tessuti. Con la progressiva degenerazione delle cellule, che costituiscono gli elementi basilari dell’organismo umano, si darebbe, perciò, il via al decadimento dell’intero organismo.

Sono state ideate molte teorie sulle cause di invecchiamento delle cellule e quindi dell’organismo; probabilmente, tuttavia, la senescenza non dipende da un'unica causa, ma da un'insieme di circostanze solo in parte conosciute.

Le teorie che sono state avanzate possono essere schematizzate come segue:

§         Teoria dell’invecchiamento progressivo delle arterie.

L'arteriosclerosi, irrigidendo o ostruendo in modo progressivo le arterie, provoca un minor flusso di sangue, che ha il compito di nutrire le cellule. Essa è responsabile di tanti malanni frequenti nelle persone anziane (infarti, disturbi circolatori, cerebrali, ecc.), ma non ne sembra esclusiva: contribuisce all’invecchiamento, ma non è necessariamente invecchiamento. Anzi, si può regredire. Lo studio degli ultracentenari ha dimostrato che una vita molto attiva e una dieta povera di grassi animali possono consentire di evitare questa malattia. Viceversa, sono descritti casi d'arteriosclerosi precoce addirittura in bambini male alimentati e con vita poco attiva. Secondo le ultime teorie, la responsabilità maggiore per l'indurimento  e l’occlusione delle arterie andrebbe asse­gnata alle piastrine, che costituiscono i corpuscoli del sangue insieme ai  globuli rossi e bianchi. Normalmente, sulle pareti delle arterie si deposita un piccolo velo di una sostanza contenuta nel sangue (fibrina). In condizioni patologiche, la fibrina si deposita in quantità molto abbondante, cattura le piastrine e favorisce, con l’irrigidimento delle arterie, la formazione di trombi, cioè coaguli di sangue che riducono o arrestano la circolazione del sangue.

§         Teoria dell'accumulo delle scorie.

Secondo questa teoria, procedendo negli anni, si accumulerebbero nell'organismo sostanze inutili, se non dannose, che ostacolerebbero il normale passaggio delle sostanze nutritizie nel corpo. Questo accumulo sarebbe tanto maggiore quanto più l'individuo cessa di partecipare alla vita della collettività, sì isola e si impigrisce.

§         Teoria dell'accumulo della sostanza amiloide.

Questa sostanza è una proteina, che compare in qualche individuo già verso i 30 anni, mentre a 90 anni è presente in quantità rilevanti in quasi tutti gli individui e tessuti, e viene perciò considerata una proteina dell’invecchiamento. In particolare, costituirebbe le cosiddette "placche senili", molto numerose nei soggetti con demenze presenili e senili. Queste ipotesi sembrano trovare conferma nel fatto che esiste un rapporto statisticamente dimostrato tra scarsità di proteine nella dieta e longevità. Le popolazioni più longeve del mondo consumano una quantità di proteine e di grassi molto bassa (tra un ventesimo e un quinto di quella contenuta nell’alimentazione giornaliera di un americano medio).

§         Teoria della denaturazione delle sostanze a causa delle radiazioni cosmiche, ecc.

Alcuni studiosi ritengono che queste radiazioni contribuiscono ad accelerare l’invecchiamento, alterando il normale funzionamento, in particolare, degli enzimi necessari al buon funzionamento dell’organismo.

§         Teoria antimmunitaria.

Si basa sulla constatazione che, nel corso degli anni, parte delle cellule cambiano progressivamente per effetto delle informazioni loro trasmesse per via ereditaria. Sulle cause di queste mutazioni non si conosce molto, ma si pensa che vari siano i fattori (tossici, infettivi, ecc.) responsabili. Il pericolo maggiore di queste mutazioni riguarda i linfociti, cioè un tipo di globuli bianchi che ha il compito di combattere i vari agenti estranei che cercano di penetr­are nell'organismo: alcuni di essi agiscono come se fossero ubriachi e aggrediscono strutture sane del corpo.

§         Teoria dell'usura.

Sottolinea  i danni riportati in seguito alle varie ma­lattie sofferte nel corso della vita. Le usure variano da individuo a individ­uo ma provocano in tutti gli stessi risultati: alterazioni funzionali che  si ripercuotono su altri organi, accelerando l’invecchiamento.

§         Teoria nervosa.

Secondo questa teoria, l’invecchiamento dipenderebbe dalla progressiva riduzione di numero delle cellule nervose che coordinano le attività di tutte le altre cellule dell’organismo. Il Prof. J. L. Reed sottolinea l’elevata frequenza delle malattie mentali nella vecchiaia. Egli indica come fattori facilitanti: la povertà, l’isolamento sociale, l'ozio incostruttivo, la cattiva salute, i lutti, il pensionamento.

§         Sul tema delle cause dell’invecchiamento ci sono molte altre teorie, spesso anche in contraddizione l’una con l’altra. 

Non dovremmo considerare l’anzianità come uno stato: la vecchiaia è parte della vita, che per definizione, è in continua evoluzione. Spesso, poi, all’età anagrafica non corrisponde appieno l’età che ci si sente. Quando l’anziano e chi l’assiste cominciano a pensare alla vecchiaia come ad una condizione di per se stessa invalidante, poco per volta tale timore si realizza: è solo affrontando tale stato della vita in modo creativo che anche situazioni difficili possono mostrare la parte migliore e dare significato all’esistenza.